RIDATEMI IL PRINCIPE DI GALLES DI PAPA’

di Vittorio Iannino

 

Perché non posso tornare al tempo della mia bicicletta “Royal” rossa con i freni eternamente spezzati (che per averla diversa dai miei compagni la volli di versione femminile –con canna inclinata ed elastici colorati sul parafango posteriore poi eliminati perché troppo da femmina-) messa da parte per l’atteso viaggio a Firenze con papà. Quel viaggio dal barbiere la sera prima della partenza per “tagliare” i capelli con un po’ di ciuffo avanti, la macchinetta passata sulla nuca e due archi a tutto sesto sulle orecchie.

Al tempo del completo di Principe di Galles di papà con camicia sportiva bianca ed a mezzemaniche, in quel vagone di prima con sedili in velluto blu (che orgoglio poterlo raccontare al ritorno agli amici) dove papà –di tanto in tanto- s’affacciava dal giornale per chiedermi se volevo qualcosa. E certo, sapevo di poterlo ottenere. Aranciata, panino, chinotto. Gusti da viaggio anni 60.

Al tempo della prima volta nella stazione di Santa Maria Novella, della foto di prassi davanti al Duomo con zii e cuginetta (coetanea ma tre volte me). Io con farfallino fra due belle orecchie a sventola, pantaloni corti ed atteggiamento fintamente disinvolto.

“-Domani ti porto in un posto. Andiamo alla Chiesa sull’Autostrada”. “-Ma come fa una chiesa a stare sull’autostrada?” Pensavo a Lapio e  più non mi capacitavo.

Il paese, la bicicletta, la nostalgia dei compagni che giocavano a pallone davanti casa, macchè! Ero rimasto folgorato. Papà spiegava quello che sapeva e per quanto poteva. “E’ lo stesso architetto che ha progettato la Stazione”. E osservava, toccava le pietre, le studiava, parlava fra sé, con la suola dei mocassini neri non smetteva di lisciare il pavimento interno. “-…ma tu guarda, che meraviglia! Guarda il cemento, guarda la copertura, che ti sembra?” “-Papà, una vela?” “-Dall’interno, più che altro, un telo appoggiato su alberi scheletriti”.

Pensai: Da grande voglio fare l’architetto.

Di allora mi sono rimaste solo le orecchie a sventola.

Ridatemi quei giorni, ridatemi il Principe di Galles di papà.

Rivoglio papà e quel viaggio. Ridatemi la purezza che la cattiveria umana mi ha tolto. Rivoglio indietro l’entusiasmo, l’incanto della passione quella vera, quella (come dice un mio amico) per la polvere del cantiere e dei libri. Dei fogli e delle matite. Della partecipazione autentica, della solidarietà, della commozione, del pianto.

 

 Angelo Verderosa, ha tutta la mia ammirazione per il professionista che è, per ciò che fa, per l’impegno divulgativo sincero e appassionato che costa (e consta) in vari termini. Gli faccio avere –veramente- i migliori ringraziamenti per gli inviti ai vari eventi d’altissima portata che organizza e realizza.

Credo, senz’altro, alla possibilità di occasioni formative d’incontro messe a disposizione per la conoscenza del territorio ma non credo (non più) alla possibilità di ri-costituzione di quella comunità locale fatta di valenze professionali che possano –autenticamente- entrare in relazione tra loro per avviare la costituzione di quella “rete” di riferimento, capace di promuovere e solidarizzare le energie presenti. Fa parte, un po’, dell’epica degli sforzi dei professori che ce la mettevano tutta a trasmettere agli allievi il piacere del lavoro di gruppo, della condivisione delle idee e (mò ci vuole) della partecipazione autentica e della solidarietà (non c’era sempre quello che ti fregava, non c’era sempre quello che preparava Analisi 1 e tu preparavi –anche per lui- Disegno e Rilievo?).

E, poi, vorrei dire: Da quel 23 novembre di ventotto anni fa non c’è successo niente? E’ stata, o no, una catastrofe anche sotto il profilo umano?

Scusate, è solo cupo pessimismo (forse) ma è di chi è stato aggredito e schiacciato dall’egoistica, volgare, spietata arroganza di questa società che –tutti- abbiamo contribuito a costituire.

Angelo non potrà (o forse si?) ridarmi l’idea di architettura che ho avuto fino a qualche anno fa.

 

“-…moriamo per delle idee.” “-va bè ma di morte lenta”.

(Fabrizio De Andrè)

Ci vuole un po’ di blues, quello più corposo. Vado a suonare.

La musica non mi ha (per il momento) tradito.

 

 

 

Informazioni su A_ve

verderosa studio www.verderosa.it + http://piccolipaesi.wordpress.com
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8 risposte a RIDATEMI IL PRINCIPE DI GALLES DI PAPA’

  1. verderosa ha detto:

    forse, spero di sì

  2. Arminio ha detto:

    vittorio
    il tuo luogo è la più bella cosa che ho visto in irpinia.
    armin

  3. Rosafat ha detto:

    Vorrei rivedere la luce abbagliante, così la ricordo, di quel mattino di primavera che voi siete partiti e mamma mi ha dato la notizia…
    …e vorrei sentire ancora una volta il sapore dei fichi maturi, scuri, fragranti, profumati dell’orto alla Parte di sopra dove nonna Maria sfaccendava in casa:silenziosa ,assorta, forte.

  4. Mario Perrotta ha detto:

    ciao vittorio
    la catastrofe sotto il profilo umano di cui parli, è la “modernità incivile” di cui abbiamo parlato.

    Siamo sempre in tempo per ridare all’architettura ed al rapporto uomo/ambiente costruito ed uomo/ambiente naturale il suo vero significato.

    Oltre il blues, musica che apprezzo e studio da anni, facciamo in modo di suonare quella armonia perduta descritta dal tuo racconto, il cui segreto è semplice quanto un Blues in sol in 4/4 ma nello stesso tempo difficile da riprodurre.

    cordialmente
    mario perrotta

  5. vittorio ha detto:

    Mario, scusami, solo ora individuo il tuo commento del 19 Gennaio.
    La tua è passione autentica, lo so.

    Grazie per le belle parole che -disillusione a parte- servono ad infondere coraggio …ce ne vuole tanto.
    Vittorio

  6. rocco quagliariello ha detto:

    nel luogo magico di Lapio , disciplinatamente, educatamente, sobriamente si realizzano serate evento Il padrone di casa apre le porte di questo luogo unico definito da Armin “la cosa più bella che l’uomo abbia creato in Irpinia” e consente l’ingresso degli ospiti comunitari e non.
    Michele Fumagallo coordina la scenografia , i tempi ed i contenuti di ogni evento.
    Chiunque abbia sino ad ora partecipato è rimasto estasiato ed incantato .
    E’ davvero straordinaio come possano esistere di questi tempi persone personalità e personaggi come Vittorio e faniglia che regalano emozioni e stupore in una terra maledetta ballerina quale è l’Irpinia.
    Alla ricerca del bello, dell’armonia, della soavità incantata, ognuno si riconcilia con la parte migliore di se stesso e per una sera dimentica l’angoscia quotidiana ed il mal di vivere contagioso.
    Sicuramente il sisma del novembre 1980 non ha prodotto solo distruzione e morte, ingiustizie e frodi.L’ecatombe sulla psiche dei supersiti è stata devastante, le macerie in tal senso sono tutte accumu late nella profondità dell’Io di ciascuno e si nutrono di illusioni, paure, orribili ricordi, desideri irrealizzabili. Dopo 28 anni il tessuto sociale e relazionale è ancora lacerato, tutti hanno concorso alla desertficazione del territorio irpino relegando la geopolitica provinciale ad un ruolo marginale , periferia ad est di Napoli, terra di mezzo tra il mar tirreno e la puglia sitibonda.
    Meno male che ci sono ancora i sognatori, melomani, cultori del bello e del meraviglioso stupore.

  7. vittorio ha detto:

    Grazie Rocco Quagliariello. Ben gentile!
    …allora non tutto è perduto?

    A vederci a Lapio per PASSIONE di Canio Loguercio.
    Saluti cordiali.
    Vittorio

  8. rocco quagliariello ha detto:

    grazie dell’invito che mi auguro di poter onorare con convinta partecipazione e condivisione RQ

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